European Library Automation Group (ELAG). Parigi, 12-14 aprile 2000

(Claudia Parmeggiani - ICCU)

Il Seminario annuale organizzato dal Gruppo Europeo di automazione per biblioteche si è tenuto quest’anno in Francia presso la Mediatèque de la Cité des Sciences et l’Industrie di Parigi.

Il titolo del seminario è stato "ALM (Archives, Libraries and Museums) convergences". Il tema delle convergenze fra biblioteche musei ed archivi, quali istituzioni della memoria che gestiscono il patrimonio culturale è uno dei temi portanti del 5° Programma Quadro della Unione Europea. Il precedente Programma "Telematics for Libraries" è stato infatti incluso nell’Information Society Tecnology Programme (IST) nell’Azione chiave III: Contenuti e strumenti multimediali, sub area Contenuti Digitali e Patrimonio Culturale.

La convergenza di archivi, biblioteche e musei

Biblioteche, musei e archivi sono luoghi dove si conservano, gestiscono e interpretano i beni del patrimonio culturale collettivo. Il ruolo comune di biblioteche, musei ed archivi è quello di identificare, acquisire, preservare, descrivere e rendere accessibili i prodotti intellettuali, artistici e materiali del passato e del presente per consentire alle future generazioni di trarre da loro beneficio. La combinazione di risorse entro una città, una regione, una nazione o un continente rende un patrimonio condiviso. L’avvento della catalogazione su supporto elettronico e l’estendersi dei documenti digitali per la descrizione e rappresentazione del patrimonio culturale consente oggi alle istituzioni della memoria di vedere che le differenze del passato sono meno importanti delle somiglianze nella loro missione e nel loro scopo. Come le biblioteche, gli archivi ed i musei lavorano per offrire alla comunità globale descrizioni in formato digitale e spesso immagini delle loro collezioni. Stanno insieme rivedendo i metodi tradizionali di selezione e descrizione e allo stesso tempo stanno tentando di sviluppare nuovi metodi di recupero e fornitura di oggetti culturali attraverso le reti locali, nazionali ed internazionali.

Le biblioteche dagli anni 70 hanno condiviso le loro risorse a livello internazionale adottando il formato MARC per la descrizione dei documenti. L’avvento dei documenti digitali ha comportato un cambiamento in questo ambito con l’adozione del Dublin Core, l’insieme di metadati definito da OCLC per il recupero e la descrizione delle risorse in rete. Il DC e sue varianti sono state scelte in un numero crescente di biblioteche che intendono descrivere i documenti digitali e renderli facilmente accessibili tramite il Web.

Gli archivi hanno descritto i documenti utilizzando una varietà di sistemi, inclusa l’esperienza degli anni 80 e 90 che ha visto negli Stati Uniti una conversione delle descrizioni in MARC. Un nuovo standard internazionale di descrizione ISAD (G) funziona oggi come base della descrizione per i documenti archivistici, ma dalla metà degli anni 90 l’uso di EAD (Encoded Archivial Description), un DTD(Document Type Definition) per SGML(Standard Generalized Marckup Language), si e’ diffuso nella comunità archivistica che intende offrire servizi su Web.

Alla fine degli anni 80 è aumentato anche il numero di musei che hanno lavorato per ottenere un ampio consenso su un metodo di descrizione degli oggetti del museo e delle collezioni. Dozzine di metodologie sono state sviluppate e testate per le loro capacità di utilizzo come standard internazionale di informazioni elettroniche per beni museali, fra questi: MARC, CIMI (Consortium for the Computer Interchange of Museum Information), CIDOC CRM (Conceptual Reference Model sviluppato da Documentation Committee of International Council of Museums), Dublin Core, REACH (Research Library Group’s Record Export for Art & Cultural Heritage element set).

Un grande impegno per i professionisti di biblioteche, musei ed archivi a cui si chiede oggi di combinare gli sforzi per soddisfare le esigenze di un pubblico che non sempre riconosce le distinzioni seguite nelle tecniche di descrizione di un libro, un documento d’archivio o un quadro, che richiede servizi integrati nei diversi domini (bibliografico, archivistico e museale), costruiti per soddisfare i suoi bisogni informativi, che abbiano quindi come focus l’utente e non le istituzioni culturali che gestiscono i beni culturali. Nelle presentazioni del Seminario di Parigi esperti europei di biblioteche, musei ed archivi hanno illustrato applicazioni e progetti, che testimoniano la ricerca di una convergenza in un contesto internazionale e multidisciplinare.

Il profilo Bath

La convergenza si realizza con l’applicazione di regole comuni per rendere interoperabili sistemi di Biblioteche, Musei ed Archivi: consente quindi l’erogazione di servizi integrati in Internet, quali la ricerca ed il recupero di informazioni, la presentazione dei risultati, lo scambio di dati. Poul Miller (UKOL, Bath) afferma che spesso gli standard sono stati sviluppati all’interno di un dominio specifico, ma oggi noi abbiamo bisogno di standard that break across boundaries e tale superamento è individuato nel Dublin Core, l’XML (Extensible Marckup Language)/RDF(Resource Definition Framework) e nel Bath Profile. Le numerose implementazioni dello standard per la ricerca ed il recupero Z39.50 realizzate in questi anni hanno definito diversi profili di ricerca che definiscono un set comune di funzioni e facilitano il recupero delle informazioni in rete; esistono profili a livello regionale, nazionale, disciplinare o per uno specifico software. Gli utenti oggi hanno però bisogno di interoperare con altri sistemi remoti e superare i confini regionali, nazionali, disciplinari e soprattutto non limitarsi ad un unico prodotto commerciale. Il profilo Bath è nato per soddisfare questa esigenza e stabilire un set minimo comune all’interno dello standard Z39.50 relativamente ai valori d’uso, relazione, posizione, struttura, troncamento e completezza. Il profilo Bath definisce anche le aree funzionali di applicazione: ricerca bibliografica di base, ricerca su localizzazioni bibliografiche, ricerca cross-domain, che utilizza il Dublin Core e l’XML nella presentazione dei risultati. Il profilo Bath è in una fase di test in sistemi di ricerca in Europa e Nord America e sta diventando uno standard ISO.

Il profilo CIMI

Jan van der Sttarre (RKD, Den Haag) nella sua presentazione "Common access point for ALM" raccomanda di costruire sistemi user driven, che non abbiano come focus le collezioni, ma piuttosto il punto di vista dell’utente. In tali sistemi dovranno essere presenti i punti di accesso: Who, Where, What, When, Which ossia Chi per indentificare i vari ruoli di una persona, Dove per i diversi ruoli di un luogo, Che cosa per gli usi di un oggetto o un materiale, Quando per la definizione temporale, Quale per le qualificazioni. Tale metodologia si riferisce al profilo CIMI definito dal Consortium for the Computer Interchange of Museum Information (CIMI) che ha sperimentato l’uso dello standard ANSI/NISO Z39.50 ISO 23950 per la ricerca ed il recupero di informazioni inerenti il patrimonio culturale. Il CIMI Z39.50 Working Group è composto da esperti in Z39.50, in sistemi museali e di risorse informative museali, informatici e rappresentanti di ditte di software. Il termine risorse culturali è usato in riferimento ad arte, architettura, storia e storia naturale. Il profilo è un insieme di specifiche tecniche che governano l’interazione di sistemi client e server per la ricerca ed il recupero di archivi distribuiti in rete. Il profilo è costituito da tre componenti di base: la ricerca, la selezione delle informazioni recuperate e la strutturazione delle informazioni da trasferire da un server ad un client. Il profilo CIMI fornisce due importanti aree di standardizzazione che possono essere utilizzate anche fuori dal contesto applicativo dello Z39.50. Il primo è l’insieme di attributi CIMI che definisce un ampio insieme di punti di accesso che possono essere utilizzati per esprimere una ricerca. Poiché tale lista di punti di accesso è derivata da un’analisi compiuta con i membri della comunità, può essere vista come rappresentativa di un insieme comune di punti di accesso utili nel contesto informativo del patrimonio culturale.

Il secondo punto è la presentazione delle descrizioni fatta da CIMI, che fornisce una lista di elementi ed una loro organizzazione per lo scambio di informazioni sul patrimonio culturale. La lista può essere usata come un servizio di traduzione o come un metalinguaggio per etichettare gli elementi di una base dati locale e scambiare questi elementi fra sistemi diversi.

I progetti NEDLIB e BIBLINK

Elisabeth Freyre (BNF, Paris) ha presentato lo stato di due progetti in cui è partner la BNF, NEDLIB e BIBLINK, che prevedono l’impiego di metadati per la descrizione e l’accesso di risorse elettroniche in sistemi distribuiti in rete. Il progetto NEDLIB (Networked European Deposit Library) coinvolge le Biblioteche Nazionali Europee ed ha lo scopo di costruire una infrastruttura di base su cui possa essere costruito il deposito librario europeo con modalità distribuite. Gli obiettivi del progetto BIBLINK coincidono con la missione del deposito nazionale sulle pubblicazioni elettroniche; il progetto intende stabilire relazioni tra agenzie bibliografiche nazionali ed editori di materiale elettronico per individuare informazioni bibliografiche di autorità con beneficio di entrambi i settori. Biblink ha anche prodotto uno studio sui Metadata che identifica i maggiori sistemi di codifica, descrive i servizi in cui sono usati, analizza i formati SGML: TEI, EAD e CIMI.

Il progetto CORC

Stuart Hunt (OCLC Europe, the Middle East and Africa, Birmingham) ha presentato lo stato attuale del progetto Cooperative Online Resource Catalog (CORC), che coinvolge 50 istituzioni partecipanti ad OCLC in 5 paesi diversi. Il progetto fornisce un sistema per l’identificazione, selezione, catalogazione e classificazione delle risorse elettroniche di supporto alle biblioteche per estendere le loro risorse esterne, accedervi e così migliorare il servizio alla propria utenza. Il progetto sta sperimentando la creazione e condivisione di metadati per le biblioteche. Le biblioteche utilizzano un software prototipale per costruire una nuova base dati di descrizioni di risorse elettroniche. Strumenti automatici rendono più rapida la soggettazione, il controllo di autorità, l’estrazione di descrittori e traducono i matadati dal formato Dublin Core al MARC e/o ad altri formati.

Il progetto SBN on line

Chi scrive ha presentato il progetto SBN on line realizzato dall’ICCU con finanziamenti messi a sua disposizione dall’Ufficio Centrale Beni Librari del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dalla Commissione Europea. Il progetto nasce dall’esigenza di fornire agli utenti di Internet nuovi servizi pubblici sui beni culturali, che migliorino l’accessibilità alle collezioni bibliografiche nazionali, la estendano integrandola con alcune fra le maggiori collezioni bibliografiche internazionali, ma anche con le collezioni museali, archivistiche e digitali, che adottano gli standard ISO per la ricerca, il recupero di risorse in rete, la richiesta di documenti anche in formato elettronico e il Dublin Core per l’accesso a risorse appartenenti a domini non bibliografici. Il progetto si indirizza pertanto alla valorizzazione e diffusione del patrimonio culturale italiano, tramite la creazione della biblioteca virtuale nazionale, facile da usare ed interoperabile con sistemi ALM in Internet. Il servizio è libero per tutti, funziona 24 ore su 24 e consente da un unico punto di ingresso e con modalità Web la connessione ad un insieme incrementabile di basi dati su Internet; è possibile formulare una ricerca unica per una serie di basi dati differenti ed ottenere una risposta complessiva ed una presentazione dei risultati omogenea e confrontabile, da salvare su disco, stampare o ricevere al proprio indirizzo di posta elettronica. Sbn on line oltre all’accesso, lo scarico e la richiesta di prestito, fornisce una descrizione del contenuto delle singole basi dati e gli indirizzi Internet delle Istituzioni culturali che hanno creato quelle basi dati e le tengono aggiornate. Una medesima interfaccia in italiano ed in inglese mette a disposizione dell’utente un insieme di punti di accesso concertati a livello europeo con i partner del progetto ONE 2 (OPAC Network in Europe), che ha il compito di costruire una rete europea di servizi bibliografici, e con i partner internazionali nell’ambito del profilo Bath. Il completamento del progetto ONE 2, previsto per il 2001, consentirà l’interoperabilità di SBN on line con gli altri sistemi europei per la richiesta di prestito e la fornitura dei documenti.

Poul Jorgensen (DBC, Ballerup) ha presentato lo stato attuale del progetto ONE 2 di cui è il coordinatore ed ha illustrato le modalità della sua completa integrazione con il profilo Bath. A questo argomento è stata dedicata anche una parte della presentazione "Profiling ALM applications" di Liv Holm (JBI-Oslo College, Oslo). L’ICCU è stato indicato come il primo dei partner di ONE 2 ad aver implementato il servizio di ricerca "cross domain" e avviato la fase di test sull’utenza Internet per analizzare il grado di soddisfazione e la facilità d’uso del sistema italiano basato sulla concertazione internazionale. L’ICCU è stato anche citato per aver fornito agli altri partner del progetto l’analisi e il file DTD per la definizione e l’implementazione del servizio di richiesta di prestito secondo lo schema XML dello standard ISO ILL.

Vi sono state altre presentazioni sulla catalogazione dei documenti ALM, i servizi ALM di RLG(Research Library Group) il sito Web del Louvre e l’accesso all’informazione sui musei francesi. Poul Jorgensen ha presentato il progetto Visual Cat che si basa sul modello IFLA per la registrazione dei record bibliografici, applica componenti tecnologiche standard Z39.50 mutuate dal progetto ONE/DBV e utilizza XML/RDF per la presentazione dei record.

La Biblioteca Digitale

Come nelle passate sessioni sono stati di grande interesse i workshop organizzati all’interno del Seminario a cui partecipano tutti gli iscritti. I partecipanti al workshop Digital libraries hanno esaminato il significato di "Biblioteca Digitale" quale nuovo tipo di sistema informativo in termini di architettura, oggetti da gestire, formato dei dati, motore di ricerca, flusso di lavoro, integrazione dei diversi tipi di applicazioni, sistemi e servizi da attivare. I partecipanti hanno convenuto che la biblioteca digitale debba essere progettata tenendo conto delle esigenze dei propri utenti ed ad essi adattare prodotti, strumenti e servizi. In quanto sistema informativo complesso la biblioteca digitale deve integrare diversi tipi di applicazioni, di informazioni e di documenti. Gli oggetti che gestisce una biblioteca digitale sono documenti che hanno al loro interno i metadati per la descrizione e la gestione. La biblioteca digitale gestisce documenti digitali presenti in biblioteca e remoti, dati informativi (learning software, pagine Web informative, ecc.), documenti multimediali. Caratteristica specifica dei documenti di una biblioteca digitale è quella di essere strutturati per consentire diversi livelli di ricerca e navigazione (interna ed esterna al documento). I documenti si differenziano per il loro formato di produzione: testo, immagine, immagine in movimento, grafici, suono, tridimensionale, informazioni georeferenziate ecc. Alcuni documenti sono creati in formato elettronico, altri sono digitalizzati come immagini a cui vengono aggiunti metadati. I primi possono essere creati da studenti e ricercatori nell’ambito dell’attività scientifica oppure creati direttamente dall’editore. Un documento digitale oltre al formato di produzione ha un formato di pubblicazione per es. su carta, su schermo o DVD. Formati diversi sono anche quelli da adottare per la conservazione nei document repository. Lo standard de facto Dublin Core è stato citato in tutte le presentazioni sui progetti di convergenza fra biblioteche, archivi e musei ed al DC è stato anche dedicato un workshop. Il DC originariamente è stato concepito nell’ambito di OCLC per descrivere le risorse elettroniche sul Web, ma successivamente ha suscitato l’interesse delle comunità che si occupano delle descrizioni di risorse quali appunto musei, biblioteche ed archivi, ma anche le agenzie governative e le organizzazioni commerciali. Le caratteristiche del DC sono: la semplicità, infatti non è destinato ad esperti catalogatori, l’interoperabilità semantica su molte discipline, il consenso internazionale, l’estensibilità e la modularità sul Web. Oggi il DC non sembra avere rivali nel suo ruolo di schema di metadati utile e unificante. Il workshop di ELAG e’ stato dedicato all’analisi dei qualificatori che sono stati aggiunti di recente ai 15 elementi iniziali dello standard. La qualificazione di un attributo è utilizzato per interpretare il valore nel contesto ed è generalmente basato su standard esterni. Due sono i principi che governano l’uso delle qualificazioni: l’elemento può essere usato solo per precisare il contenuto e non per estendere la semantica; se l’elemento è usato senza qualificazione il contenuto deve essere compreso. Ogni elemento avrà quindi un significato di default.

Gli altri workshop sono stati dedicati al modello dell’IFLA per la registrazione dei record bibliografici (FRBR), alla gestione dei consorzi di biblioteche, all’archiviazione ed identificazione delle risorse elettroniche, agli agenti intelligenti ed ai motori di ricerca.

Il prossimo seminario si terrà a Praga dal 6 all’8 giugno 2001 e sarà dedicato all’integrazione delle risorse elettroniche.

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